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La Storia

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Differenza tra Pizza e Pinsa Romana

Nonostante venga nominata nell’Eneide (come primo alimento consumato da Enea appena giunto nei pressi di Roma), fino a poco tempo fa la pinsa era conosciuta solamente nella Capitale e nel territorio circostante. Nell’arco di pochi anni, forse inaspettatamente, questa preparazione salata è riuscita a conquistare il palato dei più golosi, tanto che oggi sono più di 5.000 le pinserie sparse in tutto il mondo. Nata in tempi antichissimi, la pinsa può essere considerata un’antenata della pizza. Tuttavia, ti sarà sufficiente assaggiarla per renderti conto della differenza esistente con quest’ultima.

Pinsa romana: origini ed evoluzione

Oltre a risultare più piccola della pizza, esteticamente la pinsa rinuncia alla classica “rotondità”, presentandosi di forma ovale. Tale scelta è legata alle sue origini, risalenti all’Impero Romano. A quei tempi la pinsa era utilizzata come “vassoio”, e sulla stessa si adagiavano alcune preparazioni culinarie piuttosto sugose, in primis le carni in umido. L’impasto, infatti, cotto su pietra, risultava eccessivamente duro per poter essere mangiato da solo. È stato l’incontro con la tradizione culinaria contadina a dare un nuovo significato al termine pinsa.

Da qui l’introduzione di nuove farine e cereali, dal frumento al kamut, ma anche orzo, farro e miglio, e l’aggiunta di erbe aromatiche selvatiche,

In seguito, la ricetta è stata perfezionata, portando all’impiego di farine di frumento, soia e riso. Messo a confronto con l’impasto della pizza classica, quello della pinsa prevede un apporto differente di acqua, e una percentuale più bassa di lievito. Il risultato è una preparazione più digeribile e meno calorica.

Peculiarità dell’impasto della pinsa romana

A favorire la digeribilità della pinsa, ma anche la sua friabilità e fragranza (prova a morderla e noterai come ad un esterno croccante corrisponda una morbidezza interna sorprendente), sono le lunghe lievitazioni (minimo 24 ore), l’alta idratazione dell’impasto (80% di acqua), il mix di farine, la presenza di lievito madre, l’assenza di grasso animale e l’impiego di una quantità limitata di olio. Inoltre, l’impasto viene lavorato in modo del tutto differente da quello della pizza, dando luogo ad un prodotto che ha nell’unicità uno dei suoi punti di forza.

La morbidezza dell’interno della pinsa è frutto soprattutto della farina di riso. A quest’ultima spetta il compito di “fissare” l’acqua versata nell’impasto durante la cottura.

La ricetta della pinsa romana: tutto ha inizio dalla scelta delle farin
Come già indicato, nel corso dei secoli la pinsa è stata oggetto di una serie di rivisitazioni; questo, ad ogni modo, è stato fatto sempre avendo grande rispetto per la ricetta originale.

La lunga lievitazione, ad esempio, non è mai stata posta in discussione, garantendo la massima leggerezza e, al contempo, eliminando la tipica sensazione di sete associabile alla pizza tradizionale. È da sottolineare, a tal proposito, come l’aggiunta di sale avvenga solamente a cottura avvenuta; non è rara neppure l’assenza completa di sale. Questo accade quando, per la farcitura della pinsa, la scelta ricade su ingredienti già molto saporiti. Per ottenere la versione base poni particolare attenzione alla farina della pinsa romana.

Ma che cosa dovrai acquistare per preparare in casa questa ricetta sfiziosa?

Ingredienti della pinsa romana

  • 650 g di farina di frumento
  • 30 g di farina di riso
  • 20 g di farina di soia
  • 500 ml di acqua fredda
  • 1/2 bustina di lievito in polvere
  • 10 g di sale marino
  • 10 g di olio extravergine di oliva
  • Sale grosso q.b.
  • Rosmarino q.b.

Preparazione della pinsa romana

Versa in una planetaria il mix di farine e il lievito, quindi comincia a far lavorare il gancio.
Misura l’acqua fredda che ti occorrerà per l’impasto e, senza arrestare la planetaria, versane l’80% all’interno della ciotola.
Ricordandoti di conservare l’acqua residua in un bicchiere continua ad impastare per 5 minuti, quindi aggiungi l’olio extravergine.
Solo a questo punto unisci l’acqua lasciata da parte, impastando per altri 20 minuti o, comunque, fino a quando l’impasto si presenterà asciutto ed incordato.
Trasferiscilo in una ciotola, ricopri quest’ultima con della pellicola da cucina e riponila in frigo, dove dovrà rimanere per minimo 24 ore.
A lievitazione avvenuta riprendi l’impasto e forma alcuni panetti, che dovranno lievitare fino a raddoppiare il proprio volume (3 ore saranno sufficienti).
Riprendili in mano e stendili, con l’aiuto di un mattarello, su una teglia unta d’olio, dando loro la tipica forma allungata.
Non ti rimarrà altro che preriscaldare il forno (in modalità statica a 250°) e procedere al condimento della pinsa, unicamente a base di olio extravergine d’oliva, sale grosso e rosmarino.
Prima di infilare la teglia in forno abbassa la temperatura a 200°, facendo cuocere la pinsa per circa 15 minuti. A cottura ultimata dovrà apparire di un bel colorito dorato.

Consigli per condire la pinsa

Ovviamente nulla ti impedisce di portare in tavola una pinsa più ricca, magari proponendo una pinsa senza glutine, oppure aggiungendo pomodorini e fettine di mozzarella di bufala a fine cottura. Ancora, potrai optare per mozzarella, passata di pomodoro, friarielli e salsiccia o per tonno, cipolle e grana a scaglie.

Come avrai notato, la ricetta presentata prevede l’impiego di lievito secco, ma nulla ti vieta di preparare un lievitino (con farina, acqua e lievito). Il risultato sarà un impasto ancora più naturale e leggero. Non è raro, soprattutto se ti trovi per la prima volta a preparare in casa la pinsa, esagerare con la percentuale di acqua nel timore di non avere un impasto sufficientemente idratato. In tal caso ti sarà sufficiente aggiungere altra farina. Al contrario, se l’impasto si rivelerà molto secco, unisci a filo acqua fredda di frigorifero.